Questo romanzo lascia ben tre diverse modalità di interpretazione. Infatti, questo libro si può leggere come un romanzo poliziesco, come una cronaca medievale o come un racconto ideologico a chiave allegorica.
Fra Guglielmo da Baskerville, ex inquisitore, è giunto insieme ad un suo discepolo, Adso, nell’abbazia dove era stato inviato dall’imperatore per una sottile ed imprecisa missione diplomatica. Qui trova l’abate che, oltre ad accoglierlo, gli chiede di indagare su strani avvenimenti che accadono all’interno del monastero e sull’altrettanto strana morte di Adelmo da Otranto, un giovane miniaturista ritrovato morto in fondo alla scarpata dominata dal torrione est dell’Edificio. Guglielmo accetta volentieri questo incarico con il quale pensa di mettere alla prova il suo intelletto, ma ben presto si accorge che questa indagine è molto più complicata del previsto perché l’abbazia nasconde mille insidie e segreti. Nei sette giorni seguenti si susseguono le morti di altri sei monaci, che sembrano rifarsi alle sette trombe dell’Apocalisse di San Giovanni, ma che in realtà sono legate alla voglia che sfoglia la cupidigia di sapere ed in particolare ad un libro misterioso. In ogni modo alla fine Guglielmo riuscirà ad arrivare alla soluzione di questo complicato dilemma con l’aiuto del suo intelletto e del fedele Adso.
Fabula e intreccio non sempre coincidono (presenza di alcuni flashback).
Principali,
ossia Guglielmo da Baskerville, un
monaco francescano con un passato legato all’inquisizione, protagonista della
storia, e il suo fedele aiutante Adso,
un novizio dell’ordine benedettino, entrambi presentati in modo diretto e
caratterizzati culturalmente, psicologicamente, socialmente e ideologicamente.
Secondari,
ossia Remigio da Varagine (il
cellario del monastero che ha fatto parte del gruppo di Fra Dolcino),
Adelmo da Otranto (un giovane monaco miniatore),
Abbone (l’abate dell’abbazia),
Salvatore (un monaco dall’aspetto animale che ha fatto parte del gruppo di
Fra Dolcino), Ubertino da Casale (un
monaco francescano diventato poi benedettino),
Severino da Sant’Emmerano (il padre erborista),
Berengario da Arundel (l’aiuto bibliotecario),
Malachia da Hildeshein (bibliotecario),
Venazio da Salvemec (un monaco traduttore dal greco all’arabo), Bencio
da Ursala (un monaco scandivano esperto in retorica),
Jorge da Burgos (un vecchio monaco cieco che fa profezie),
Nigola da Morimondo (Mastro vetraio),
Aymaro da Alessandria (un monaco amanuense ostile a tutti i monaci
stranieri), Alinardo da Grottaferrata (il
monaco più vecchio dell’abbazia),
Bernardo Gui (spietato inquisitore), che sono presentati sempre in modo
diretto e sempre caratterizzati culturalmente, psicologicamente, socialmente e
ideologicamente.
Sono
a volte esterni a volte interni,
la vicenda si svolge nell’alta Italia nell’ultima settimana del novembre
1327.
Le
descrizioni, effettuate dal narratore, sono
brevi o lunghe, intervallate o dettagliate a seconda
dell’importanza che hanno nell’economia dell’opera.
La durata complessiva della vicenda narrata è di sette giorni divisi nelle varie ore liturgiche. Sono presenti tecniche connesse alla durata della storia come:
Le
tecniche usate dall’autore per trasmettere le parole, i pensieri, le emozioni
dei personaggi
sono il discorso diretto e quello indiretto.
Il
lessico usato più frequentemente dall’autore è comune,
ma a volte anche arcaico (a volte ci
sono parti di testo interamente in latino) e aulico
(sono, infatti, usati termini tipici di un linguaggio colto).
Nel
testo sono presenti numerose figure retoriche, soprattutto nelle parti del testo
dove si discutono concetti filosofici.